lunedì 21 febbraio 2011

GLI OGGETTI PARLANO


Guardate bene la forma del rubinetto del vostro bagno. Seguite la curvatura della leva metallica o la rotondità delle manopole. Scrutatene le forme, che sembrano sempre uguali ma cambiano a seconda dello spazio o della luce. C’è quella del Sole tiepido all’alba, quella grigia di un pomeriggio piovoso, quella calda della sera, o la luce artificiale e matematica che illumina il rubinetto nelle ore notturne, sempre allo stesso modo.
A meno che non viviate in una capanna sulla spiaggia ( beati voi..) avete sicuramente in casa un rubinetto, anche più d’uno e molto probabilmente anche uno diverso dall’altro: a leva unica, a tasto, a sensore, a manopola unica..
Diverse facce, tante sculture per un oggetto che ha una sola funzione, al di là delle forme. Che è in fondo, il concetto stesso della Costruzione, del Progetto. In seguito ad un progetto gli uomini vivono nelle case, corrono con le auto, caricano il telefonino con il caricabatterie.
Ma non c’è un’unica casa, così come non c’è un’unica auto, un unico telefono e un unico caricabatterie (forse quest’ultimo ancora per poco… )
Ognuno ha la sua forma e ogni forma cambia a seconda dello spazio e della luce.
Alcuni giorni fa passeggiando per Venezia sono rimasto ipnotizzato dalla vetrina di un vecchio negozio di ferramenta. Esposti sulla parete e ben illuminati a contrasto col buio della fondamenta della Misericordia, trionfano un gruppo di bellissimi rubinetti. Vecchi ottonati grigi ossidati lucidi opachi.. rubinetti di ogni tipo che solo a guardarli fanno sentire il loro odore di ferro. E in questa danza si fanno accompagnare da interruttori, maniglie, spine, prese di corrente e quant’altro… ancora una volta il mondo degli oggetti ci comunica qualcosa. Perché gli oggetti, con qualsiasi luce e spazio, fanno parte della nostra vita, vivono con noi, ci aiutano a parlare a comunicare a stare in un luogo o a comunicare con qualcuno. Guardatevi sempre attorno, e quell’oggetto siete voi che parlate, piangete, ridete……






mercoledì 16 febbraio 2011

IO CHE AMO MURANO


Era esattamente il giorno martedì 9 dicembre 2008, alle ore 08:41 quando scrissi una lettera ad alcuni quotidiani del Veneto riguardo alle tristi notizie sulla situazione delle vetrerie muranesi. Nessun quotidiano la pubblicò, anche perché c’erano molte lettere sul tema. Poi ieri, leggendo ancora tristi notizie sulla mia amata isola, coinvolta in una crisi che non accenna a diminuire, ho ritrovato quelle parole, e scelgo di pubblicarle ancora una volta. Murano è arte, è storia, è cultura, è amore tra la gente e ne abbiamo tutti bisogno..



“Alcuni giorni fa ho appreso con profondo dispiacere la notizia della cassaintegrazione e della crisi delle aziende del vetro di Murano.
Certo i “muranesi” dovrebbero capire che siamo nel 2008, che la mentalità da mercanti è sorpassata, i tempi del doge e del bucintoro sono finiti.

Ma l’isola deve vivere!

Io stesso prima di sedermi davanti a un foglio bianco per disegnare vasi e lampadari ho passato anni tra fornace e moleria. Giorni passati tra il caldo tremendo dei forni e la pelle delle mani che si spacca tra schegge e acqua gelida. Ma ricordo quei tempi come un’esperienza professionale e umana indimenticabile. Murano deve vivere. La bellezza del vetro, lo scintillio della luce e la morbidezza delle forme…viviamo in una società ove è sempre più necessaria la qualità e la passione, a tutti i livelli.
I tempi cambiano e nuove onde scuotono i mercati.
Ma dobbiamo lottare per non perdere una delle risorse artistiche, culturali, umane ed economiche più importanti del mondo”



lunedì 7 febbraio 2011

DA VENEZIA A MARGHERA




Quando chiudo il portone tra la nebbia, le suole rigide delle mie scarpe sembrano scivolare sulla sabbia. Il colpo del portone è attutito dai vapori. Non c’è vento stamattina. Non arriverà il soffio forte del vento gelido quando avrò cambiato strada. Come succede la mattina d’inverno quando aspetto la barca e la corrente colpisce il mio volto. Cambio direzione ai miei passi e si squarciano le mura, arriva forte il vento. Nelle mattine d’estate il sole da oriente illumina gli alberi dall’altra parte, sull’altra riva. Potrei distinguere ogni albero, ogni finestra, contare le foglie e i coppi sui tetti, tanta è la luce. La luce che illumina quell’acqua che non possiamo bere ma che disseta, la luce che si staglia sulle tue corone, le tue ali e i tuoi pinnacoli. Che striscia sul ponte lungo fino a dilatarsi sui tubi di metallo sui gas neri sulla plastica bruciata su quei viali abbandonati alla loro bellezza, sfuggita di mano agli uomini come un pesce che scappa dalla rete.